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Infanzia / relazioni sociali

La depressione non dipende solo dalla nostra biologia, ma dal modo in cui viviamo

 

“Quando ero un adolescente, sono andato dal mio medico e gli ho raccontato di quel dolore che sentivo dentro di me, strabordante, incontrollabile e di cui mi vergognavo.

Il medico mi disse che alcune persone semplicemente hanno uno squilibrio chimico  nel loro cervello e l’unica cosa da fare e’ dar loro le medicine che ristabiliscono il loro equilibrio neurochimico.

Cosi ho cominciato a prendere quei farmaci e per un periodo a sentirmi veramente meglio. Ma dopo qualche tempo, quel dolore ha cominciato a ripresentarsi. Ogni volta aumentavo le dosi del farmaco e dopo 13 anni mi sono ritrovato ad assumere la dose massima consentita. Allora mi sono chiesto: “che cosa sta succedendo?” Queste sono le parole di Johann Hari, scrittore e giornalista, durante il suo recente libro “Lost Connections” e  TED’s.

Per rispondere alla sua domanda, Hari ha viaggiato in tutto il mondo e ha incontrato i più importanti esperti in tema di depressione e ansia. Ha scoperto che per la maggior parte delle persone i fattori che scatenano la depressione non dipendono solo dalla nostra biologia, ma dal modo in cui viviamo. Certo, ci sono evidenze scientifiche molto solide sulle predisposizioni genetiche e sulla biologia della depressione e dell’ansia, ma se lasciamo che la parte organica diventi l’unica spiegazione causale, perdiamo la possibilità di comprendere la complessità dell’essere umano.

Ad esempio, se sei solo, se vai al lavoro e non hai alcun controllo sul tuo lavoro e semplicemente devi fare ciò che ti viene chiesto, se non passi abbastanza tempo all’aria aperta, hai più probabilità di diventare depresso.

Tutti concordano sull’esistenza e l’importanza di alcuni bisogni primari di natura fisica: il cibo, acqua, riposo, riparo.

Ma quali sono i bisogni psicologi e relazionali primari? Gli essere umani hanno bisogno di sentire il senso di appartenenza, di avere uno scopo nella vita, di sapere che sono visti e apprezzati dalle persone che hanno attorno, di avere una prospettiva sul futuro che abbia un senso per loro.

La cultura che abbiamo creato è diventata molto brava a rispondere (in alcune zone del mondo) ai bisogni fisici, ma ha perso il contatto con molti bisogni psicologici dell’uomo, creando spesso situazioni di grande solitudine (dannosa per la salute psicologica, ma anche per quella fisica).

Se sei depresso, se sei ansioso”-sottolinea Hari- “non sei debole, non sei matto, non hai qualche ingranaggio rotto nella testa, sei solo un essere umano i cui bisogni psicologici primari non sono soddisfatti”.

I farmaci contribuiscono a dare sollievo alle persone depresse, ma la soluzione al problema può pervenire soltanto da un ripensamento individuale (e sociale) del proprio equilibrio di vita.

La psicoterapia può efficacemente contribuire a questo ripensarsi, favorendo l’attivarsi delle risorse personali.

Tuttavia, sarebbe importante un ripensamento più profondo che coinvolga la società e la cultura: combattere la depressione significa forme di partecipazione e di aggregazione che rispondano ai bisogni emotivi e psicologici dell’uomo.

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